sabato 24 marzo 2018

#rubatoamiofiglio

Rubo i libri a mio figlio, ne ho letti 5 di fila nelle ultime due settimane.
Un po’ perché voglio sapere cosa gli propongo come letture, un po’ perché i caratteri più grandi mi permettono di leggere in tram senza mettere e togliere gli occhiali da presbite, ma soprattutto perché sono belli, interessanti e scritti bene.

Mercoledì scorso a teatro abbiamo visto un adattamento di “Perché mi chiamo Giovanni” di Luigi Garlando, portato in scena da una bravissima Eleonora Frida Mino. Amiamo molto il libro, insieme a “Io, Emanuela” di Annalisa Strada li proposi a Federico per ricordare i 25 anni dalla morte di Falcone e Borsellino. Uno il 23 maggio, l’altro il 19 luglio dello scorso anno. L’adattamento teatrale è perfetto, rispettoso nelle immagini e nelle parole e dotato dell’intensità che avevamo percepito in quelle pagine ma che è diventata realtà sul palco. L’esperienza dopo lo spettacolo altrettanto interessante anche se non nuova per certi versi. Autore e attrice che si prestano a rispondere alle domande, che raccontano ai ragazzi da dove vengono le idee e come grazie alla passione si possono concretizzare. Grazie ai vari incontri con l’autore proposti da me e dalla scuola, non siamo nuovi a certe esperienze. Ma le apprezzo sempre.

Mi ha colpito molto una frase di Luigi Garlando: “quando scrivo mi sento molto responsabile, penso che quello potrebbe essere il primo libro che un ragazzo legge e quindi se gli piace o no potrebbe determinare il suo amore per la lettura”. Perdonatemi, non credo di aver riportato le esatte parole ma di certo il senso.
Questo è un altro dei motivi per cui leggo i libri che propongo a mio figlio. Perché voglio cercare di capire se l’autore ha scritto con questa responsabilità e se posso affidare al suo scritto la passione per i libri che ho cercato di trasmettere a mio figlio da quando era piccolissimo, con forza, impegno e tenacia.
La risposta è quasi sempre si, che bella sensazione. Bella perché mi sento meno sola nel ruolo di educatore e formatore di questo piccolo uomo, perché non sono l’unica a “predicare” su certi temi, perché c’è anima, azione, divertimento, ottima scrittura, perché anche io torno ragazza nel cuore. Perché spesso trovo parole che ho cercato dentro di me per comunicare con lui e allora gliele sottolineo per fargliele percepire. Allo stesso modo, quando tocca a lui leggere, ne trova altre e così arricchiamo insieme il nostro vocabolario emotivo.

Poi capita che un libro sia piaciuto a me ma non a lui o viceversa. Ma non è un dramma, anzi. E’ confronto.
“Non mi è piaciuto” o “mi è piaciuto” precedono sempre un perché. E le ragioni vanno rispettate. Ci si ascolta reciprocamente e ci si rispetta nel dialogo anche quando le idee divergono. Senza modificare i nostri sentimenti reciproci, anzi avvicinandoci di più nella diversità. E questo è un enorme insegnamento di vita. 

martedì 6 marzo 2018

FEDERICO CHE PENSA (E IO ASCOLTO SENZA RIDERE)

Sono state 2 settimane intense dal punto di vista intellettuale. Topofede si è sparato quasi ogni sera tutti i dibattiti possibili ed immaginabili, perché mamma doveva votare e voleva capire un po’ di più.
Sbuffava, giocava con il telefonino fino a quando le mie urla diventavano ultrasuoni, chiedeva insistentemente di guardare “The Big Bang Theory” e non la smetteva di parlare. In tutto questo trambusto però la tv rimaneva sul programma politico e qualcosa tra un disturbo e l’altro filtrava nella sua testa e veniva rielaborato.
Come rielabora un ragazzino di 11 anni (quasi 12) senza filtri.
Senza pregiudizi.

“Mamma, ha sbagliato il verbo”. In genere il congiuntivo, lo sappiamo. Una cosa del genere per lui non è indolore: in casa viene corretto, a scuola almeno tre segnacci in rosso e punti in meno sul voto finale. Il suo commento quindi è lineare: perché sudo lacrime e sangue sulla grammatica, quando i politici poi vanno in tv e la grammatica non la sanno?

“Non capisco”. Ci sono tante cose che non capisce. E sinceramente non le capisco nemmeno io. Perché il suo compagno filippino e la sua compagna cinese per lui non sono un problema ma per tanta gente si? Perché la gente si accanisce contro chi scappa dal proprio paese in guerra? Tu non scapperesti al loro posto? Perché si possono avere soldi dallo Stato senza lavorare? Perché dovrei essere contro l’Europa quando tu (madre) mi racconti sempre di quanto è stato bello per te da ragazza scoprire che i paesi vicino al tuo non avevano più confini? Adesso vogliono rimettere quei confini? E per me cosa significa?

“Non ha risposto alla domanda”. Chiaro, no? Il giornalista o il moderatore fanno una domanda, l’interlocutore di turno la maggior parte delle volte non risponde. E io in casa a predicare: se ti faccio una domanda, mi devi rispondere. E poi la tv mi smentisce.

“Perché si parlano uno sopra l’altro?” Di nuovo, io e la scuola predichiamo il rispetto, l’ascolto attivo e passivo, il dibattito a due vie. Poi veniamo travolti da una campagna elettorale fatta di insulti, urla e accuse personali (da tutte le parti!). Quindi? Come fanno queste persone maleducate a rappresentarci?

“Mamma, chi voti?” “Sinceramente non lo so. Credo che deciderò sul momento, come per fare un tuffo nell’acqua gelata”
“Mamma, chi hai votato?” “Ho votato per te, nel senso che la mia responsabilità oggi è costruirti il miglior futuro possibile, ho ascoltato i tuoi pensieri e ho scelto chi si avvicinava di più a quelli”
“Se eri così confusa perché hai votato?” “Per rispetto delle persone che prima di noi in Italia non potevano farlo. O che ancora oggi non possono farlo in alcuni paesi del mondo. Perché ogni tanto si è costretti a scegliere anche se non si vuole farlo e mi prendo comunque la responsabilità della mia scelta.”
“Hai vinto o hai perso?” “Non lo so, te lo dico alle prossime elezioni”
“Stasera guardiamo ‘The Big Bang Theory’?” “Certo che si!”